respirazione nasale, disidratazione, ossigeno, ferro
Respirare ”bene” è essenziale per il buon funzionamento del sistema immunitario e vi sono indubbiamente molti rimedi , sia farmaci, integratori e altre misure, ma ora vorrei richiamare l’attenzione su uno dei fattori più efficaci e purtroppo spesso trascurati da mettere in atto per i malanni invernali.
In molti numeri di questo Notiziario ho messo in rilievo l’importanza del respirare sempre dal naso e non dalla bocca, soprattutto nei bambini, ma non solo.
Il primo danno prodotto dal respiro dalla bocca è ovviamente quello che dalla bocca entra-esce un volume eccessivo di aria e quindi è quasi impossibile evitare di iperventilare.
Vi sono tuttavia molti altri problemi provocati da questo respiro orale e tra questi, in particolare in questa stagione, è importante il fatto che mentre l’aria introdotta con la fisiologica respirazione nasale viene riscaldata, umidificata, filtrata da impurità e in parte anche da microbi e da vari elementi tossici, ciò non avviene invece con una respirazione dalla bocca.
Un altro svantaggio della respirazione orale consiste inoltre nel fatto che espirando dalla bocca si acuisce la disidratazione, di cui non pochi soffrono.
E’ a questo proposito interessante questo studio, pubblicato su Rhinology. 2006 Mar;44(1):74-7. con il titolo “Increased net water loss by oral compared to nasal expiration in healthy subjects“ con lo scopo di paragonare, in persone sane, la differenza nella perdita netta d’acqua durante l’espirazione rispettivamente dalla bocca o dal naso.
La conclusione raggiunta dallo studio è stata che la perdita d’acqua aumentava nella misura del 42 % (!) quando si passava dalla espirazione nasale a quella orale.
Questa continua disidratazione aggiunge un fattore di stress per il nostro organismo, per il quale è importante essere sempre in buone condizioni di idratazione!
Emocromatosi ed eccesso di ferro.
Il riaddestramento del respiro con il Metodo Buteyko potrebbe essere utile anche per questo problema?
A seguito di un interrogativo che mi era stato posto dall’associazione internazionale Buteyko BPI ho scritto un articolo sul problema dell’ emocromatosi ed eccesso di ferro nell’organismo.
Ne indico qui in italiano i contenuti essenziali.
Anche il ferro, come la CO2, l’O2 e tante altre sostanze, deve essere presente nelle quantità giuste, e un eccesso può essere altrettanto dannoso quanto una carenza.
Un accumulo di ferro nell’organismo si verifica molto più frequentemente di quanto non si pensi e può provocare numerosi problemi come dolori articolari, disturbi di fegato, diabete e altro.
Occorre innanzitutto distinguere tra l’’emocromatosi vera e propria, che deriva da un problema genetico ereditario, ed è relativamente frequente nelle popolazioni del nord mentre lo è di meno da noi, e l’accumulo di ferro provocato dalla sua eccessiva assunzione con gli alimenti (in particolare con la carne rossa, ormai mangiata frequentemente anche in Italia), con alcune acque, o anche con integratori contenenti troppo ferro.
Rimango perplessa nel vedere come il ferro sia presente in tantissimi integratori mentre dovrebbe essere assunto solo in modo mirato, quando ve ne sia un’effettiva carenza.
Un rapporto risalente al 1983 metteva in rilievo come l’ acuta tossicità del ferro in eccesso fosse la seconda maggior causa di avvelenamento accidentale in bambini che avevano assunto quantità eccessive di integratori a base di ferro.
E in uno studio (Dexter DT, Wells FR, Agid Y, Lees AJ, Jenner P, Marsden CD: Increased nigral iron content in postmortem parkinsoniam brain. Lancet li, 1987) si è constatato post-mortem che nel tessuto cerebrale di ammalati di Parkinson vi erano percentuali di ferro molto elevate.
Il ferro è tutt’altro che un metallo tossico (è anzi un metallo assolutamente indispensabile per la vita, nella giusta quantità), se in eccesso diventa dannoso e in molti casi può essere utile una terapia chelante diretta a diminuirne le quantità accumulate nell’organismo.
L’organismo ha infatti delle capacità limitate di espellere il ferro che spesso è assunto quotidianamente in eccesso, e questi eccessi giornalieri anche se minimi, con il tempo si accumulano in particolare negli uomini e nelle donne dopo la menopausa, quando non hanno più la perdita mensile di sangue che le libera di una buona quantità di ferro.
Quanto in particolare al rapporto tra il modo di respirare e il problema dell’accumulo di ferro, nell’articolo riportato ho messo in rilievo il ruolo svolto dall’epcidina, un ormone peptidico prodotto dal fegato, scoperto ormai 15 anni fa ma di cui è ancora noto a pochi il ruolo omeostatico essenziale che svolge in relazione al ferro.
Cercando di riassumere in breve la tematica una carenza di epcidina causa un sovraccarico di ferro, mentre un suo eccesso causa problemi di anemia. Pertanto una somministrazione di sostanze che stimolano la secrezione di epcidina, sono state identificate, pur in modo non ancora sicuro, alcune sostanze che potrebbero svolgere questo effetto, potrebbe essere utile quando l’organismo tende ad accumulare ferro.
In uno studio più recente (Hepcidin: A Critical Regulator of Iron Metabolism during Hypoxia Advances in Hematology Volume – Article ID 510304) è stato osservato che l’ipossia, e cioè la mancanza di ossigeno nei tessuti, provoca una diminuzione nel rilascio di epcidina e quindi un aumento del trattenimento-accumulo di ferro nell’organismo.
Come mai? Perché, a quanto si deduce da alcuni altri studi, l’organismo, quando percepisce la presenza di ipossia, ne trae a quanto pare la conclusione che nell’organismo vi sia anche una carenza di ossigeno nel sangue (ipossemia).
Questa carenza si verifica in situazioni di anemia, quando cioè nel sangue non vi sono abbastanza globuli rossi (e i globuli rossi hanno bisogno di ferro) in grado di legare l’ossigeno e di trasportarlo verso i tessuti. Pertanto in questi casi l’organismo fa diminuire la produzione di epcidina per far aumentare il trattenimento di ferro, allo scopo di far aumentare la quantità di globuli rossi nel sangue e mettere così riparo all’anemia.
L’organismo non sembra quindi essere in grado di distinguere tra situazioni di carenza di O2 solo nei tessuti e carenza di O2 sia nel sangue che nei tessuti.
Forse perché l’uomo paleolitico, del quale abbiamo ancora la costituzione, dato il suo elevato livello di movimento fisico e le sue altre ben diverse condizioni di vita, non soffriva come l’uomo moderno così frequentemente di iperventilazione, e come sappiamo, la carenza di CO2 provocata dall’iperventilazione impedisce all’O2, anche se presente in abbondanza nel sangue, di staccarsi dai globuli rossi e di raggiungere i tessuti.
In questi casi pertanto i tessuti soffrono di una carenza di O2 che, pur presente in abbondanza nel sangue, torna in gran parte ai polmoni con il sangue venoso, e viene espirato.
Il nostro organismo non è ancora così raffinato da poter distinguere le situazioni in cui la mancanza di O2 è solo nei tessuti, da quelle situazioni in cui l’O2 manca bensì nei tessuti ma ve ne è in abbondanza nel sangue, e quando percepisce situazioni di ipossia (mancanza di O2 nei tessuti ) ne deduce che questa carenza sia causata da una ipossemia (mancanza di O2 nel sangue) e quindi fa diminuire il rilascio di epcidina.
Ciò fa aumentare l’accumulo di ferro, allo scopo di eliminare l’anemia e riportare a buoni livelli i globuli rossi ai quali possano legarsi maggiori quantità di O2.
Peggiora pertanto a situazione di accumulo di ferro nell’organismo, senza tuttavia che sia risolta la carenza di O2 nei tessuti, poiché l’O2 supplementare nel sangue in caso di iperventilazione e conseguente carenza di CO2 non si stacca a sufficienza dal sangue per raggiungere la meta finale, e cioè le cellule di tutti i tessuti.
Se tuttavia, eliminando l’perventilazione con il riaddestramento Buteyko, torna ad esservi abbastanza CO2 nell’organismo e quindi l’O2 viene rilasciato dal sangue ai tessuti, allora l’organismo, non percependo più una situazione di mancanza di O2 nei tessuti, fa aumentare il rilascio di epcidina e non viene più accumulata una quantità di ferro maggiore del necessario.
Siamo a quanto pare in presenza di un ulteriore problema di salute che si aggiunge alla lunga lista di quelli in cui l’ottimizzazione del respiro con il Metodo Butyeko può dare un effetto benefico notevole.
Peraltro, anche per questo problema, vi è la necessità di affrontare anche altri fattori, come il cambiamento di abitudini alimentari e l’adozione di una terapia chelante diretta a far espellere dall’organismo l’eccesso di ferro, e di mettere in atto varie tecniche diagnostiche e terapeutiche, necessarie soprattutto nei casi di vera e propria emocromatosi genetica.
Avviso importante:
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