movimento, meditazione, Metodo Buteyko, febbre, bambini
Come i lettori di questo Notiziario già sanno, uno dei motivi che portano all’instaurarsi di cattive abitudini respiratorie è anche la mancanza di movimento, e non è certo una novità dire che “muoversi fa bene”.
Comunque ugualmente vale la pena di segnalare questo recente articolo, pubblicato lo scorso novembre sul periodico dell’Associazione Medica Americana. (JAMA.2013;310(19):2026-2027. doi:10.1001/jama.).
In questo articolo, basato sulla revisione delle conclusioni di un gran numero di studi randomizzati in doppio cieco, si osserva che il movimento fisico è altrettanto efficace dei medicinali nel ridurre la mortalità per problemi cardiovascolari e diabete e si conclude che “forse i medici si concentrano troppo su approcci farmaceutici non abbastanza sugli effetti benefici del movimento fisico”.
Questa conclusione è tanto più significativa in quanto pubblicata non su una rivista di medicina “naturale-alternativa” ma su uno dei più importanti periodici americani di medicina convenzionale.
Ovviamente peraltro anche in questo studio, come negli altri studi sul movimento fisico, uno dei principali fattori benefici prodotti dal movimento, e cioè l’aumento della produzione di CO2 nell’organismo, non è messo in evidenza (forse appunto perché non si è “abituati” a considerare questo aumento come un fattore benefico!)
Occorre tuttavia fare attenzione: se non si è abituati a respirare bene/non troppo, allora quando si fa movimento fisico si rischia di emettere una quantità di CO2 maggiore di quella supplementare prodotta con il movimento.
Per ottenere gli effetti benefici del movimento occorre quindi essere già abituati, o abituarsi con gli esercizi Buteyko del caso, a respirare bene, sia da fermi che in movimento.
I benefici della meditazione
Ricercatori della celebre Università americana Johns Hopkins hanno accertato che con dei programmi di meditazione si riesce a ridurre notevolmente la depressione e l’ansietà.
Lo studio, appena pubblicato, (JAMA Intern Med., January 2014) ha preso in esame 47 trial clinici con oltre 3.000 partecipanti e ha concluso che l’effetto antidepressivo della meditazione è risultato equivalente a quello che ci si può attendere da farmaci antidepressivi.
Non si tratta certo della prima volta che viene accertato l’effetto benefico per la salute, sia fisica che mentale, di varie tecniche di meditazione e rilassamento. Ciò che invece sorprende è che, come varie volte ho messo in rilievo in questo Notiziario, non viene quasi mai posta l’attenzione sul fatto che durante le meditazione il modo di respirare diventa in genere molto più lieve, e non ci si domanda se gli effetti benefici della meditazione possano essere causati, perlomeno in parte, anche da questa attenuazione della respirazione.
Buteyko. “Nuova terapia”?
Nel Notiziario del mese scorso avevo messo in rilievo come ora la popolarità del Metodo Buteyko stia finalmente aumentando anche in Germania (ne ha recentemente parlato anche il 1° canale televisivo tedesco, con una trasmissione dal titolo “Neue-Therapie-bei-Asthma-Buteyko-statt-Medikamente” (Nuova terapia per l’asma: Buteyko invece di medicine).
Ciò fa ovviamente piacere ma si rimane perplessi nel sentire che Buteyko è classificata come “nuova” terapia, continuando a ignorare non dico i 50 anni trascorsi da quando l’efficacia per l’asma è stata provata nell’ex Unione Sovietica, ma anche i 20 anni trascorsi da quando si è giunti allo stesso risultato nel primo studio clinico in doppio cieco condotto in Australia.
la perplessità aumenta ancora di più se si prendono in esame i rapporti pubblicati in Germania già nel 1993 e nel 2006 in merito a studi su larga scala (con oltre 50.000 pazienti) presso la Ludwig-Maximilian-Universität di Monaco (Hasford und Virchow, 2006) e l’ Università di Rostock.
in questi studi si era constatato che i casi di decessi aumentavano se gli asmatici assumevano broncodilatatori di lunga durata, e si concludeva che gli asmatici, per motivi di sicurezza, dovevano assumere regolarente questo tipo di broncodilatatori solo quando la loro asma non era ”controllabile in altri modi”.
Conclusione giustissima, ma peccato soltanto che tra gli “altri modi” da provare prima di passare all’assunzione di questi broncodilatatori non sia stato all’epoca nemmeno ipotizzato e preso in considerazione il riaddestramento del respiro con Buteyko.
Studio su spasmi e convulsioni febbrili nei bambini: ruolo della CO2
Nel Notiziario dello scorso settembre avevo menzionato lo studio del Dr. Ba X Hoang, il quale parla dell’asma come di una “epilessia bronchiale”, ipotizzando che sia nell’asma che nell’epilessia vi sia uno stato di ipereccitabilità delle membrane, dovuto a problemi nei complessi meccanismi di funzionamento dei canali ionici.
Sull’argomento osservavo: “….Poiché gli stessi fattori (iperventilazione ed ipocapnia) come i lettori del mio Notiziario ben sanno, provocano gli attacchi d’asma, mi viene quindi spontaneo pensare che nell’ipereccitabilità e conseguente malfunzionamento di canali ionici citati dal dr. Ba X Huang come responsabili sia dell’asma che dell’epilessia, entri in gioco appunto la carenza di CO2 causata dall’eccesso di respiro, che probabilmente provoca le stesse conseguenze di ipereccitabilità anche in relazione ad altri quadri patologici.
E questa ipereccitabilità; potrebbe magari essere almeno parzialmente corretta anche “calmando” il respiro!”
Questa ipotesi sembra ora ricevere sostegno anche da uno studio appena pubblicato sul periodico di neurologia pediatrica Journal of child neurology.(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24396127″ J Child Neurol. 2014 Jan 5.) con il titolo “Collegamento tra ipocapnia e convulsioni febbrili”.
Nello studio si precisa che si intendeva accertare se l’iperventilazione (eccesso di respiro) causata dall’ipertermia (aumento della temperatura per via della febbre) con conseguente ipocapnia (carenza di CO2 causata a sua volta dall’iperventilazione), contribuisca alle convulsioni.
Lo studio ha pertanto misurato le quantità di CO2 presenti nel sangue in due gruppi di bambini, uno dei quali, pur con febbre elevata, non soffriva di convulsioni mentre il secondo, con temperature analoghe, soffriva invece di convulsioni, e ha accertato che nel gruppo che soffriva di convulsioni la presenza di CO2 era notevolmente inferiore.
Lo studio conclude pertanto con la constatazione che “le convulsioni febbrili sono a quanto pare collegate a iperventilazione e l’ipocapnia che ne consegue può contribuire allo sviluppo di convulsioni febbrili”.
Quali conclusioni trarne?
Quando un bambino ha la febbre non è ovviamente il momento migliore per iniziare a insegnarli a normalizzare il proprio respiro eliminando l’iperventilazione; è infatti inevitabile e fisiologico che con la febbre aumenti anche l’intensità del respiro (c’è tuttavia da ammirare anche qui la lungimiranza di Buteyko che oltre 60 anni fa, quando nessuno ancora pensava a queste cose, raccomandava di non coprire troppo di notte i bambini piccoli, poiché il caldo e il sudore di notte contribuivano ad abituarli a “respirare troppo”.
E’ piuttosto quando i bambini stanno bene che bisogna pensare ad abituarli a una buona respirazione; in questo modo, anche se capiterà loro di avere febbre abbastanza elevata, avranno quantità di CO2 sufficienti, e rientreranno quindi nel gruppo che, come accertato nello studio menzionato, non soffriva di convulsioni pur con la febbre.
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