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Una diagnosi su tre è errata.
Questa è la conclusione di un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Ottawa (Canada). E se invece di una diagnosi iniziale errata, si trattasse di una “guarigione” dall’asma?
In base all’ultimo rapporto del 2014 del Global Asthma Network, 330 milioni di persone nel mondo soffrono di asma ma in base a quest’ultimo studio, una diagnosi di asma su 3 sarebbe errata poiché, appunto, si era constatato che una buona parte degli “asmatici” dopo un certo periodo non aveva più bisogno delle consuete medicine contro l’asma e stava bene.
A quanto pare i medici ricercatori continuano a essere convinti che, a parte casi molto limitati che si riscontrano soprattutto nei bambini, dall’asma non si può guarire e occorre continuare a prendere medicine vita natural durante.
Pertanto, quando vedono che qualcuno non ha più bisogno di medicine e non soffre più di attacchi asmatici, allora ne traggono la conclusione che la diagnosi iniziale di asma fosse sbagliata e che si fosse trattato non di asma ma di problemi di rinite allergica, reflusso gastroesofageo o altro.
Le conclusioni da trarre sono invece del tutto diverse se si parte dal modello dell’asma, (ovviamente del tutto sconosciuto ai ricercatori) fornito da K. Buteyko.
Egli infatti mette in rilievo come l’asma, (nella maggioranza dei casi e in assenza di altri tipi di problemi delle vie respiratorie, più che una malattia sia una reazione di difesa dell’organismo contro un’iperventilazione e conseguente perdita eccessiva di CO2, che se proseguisse, farebbe scendere i livelli di CO2 nell’organismo a livelli incompatibili con la sopravvivenza.
L’organismo mette pertanto in atto appunto il meccanismo difensivo, costituito dalla restrizione delle vie respiratorie, che obbliga a “respirare di meno” e quindi a trattenere nell’organismo perlomeno la minima quantità vitale di CO2.
Ovviamente, come si interviene per abbassare la febbre, che è anch’essa un meccanismo difensivo contro i batteri e virus che non possono sopravvivere a una temperatura corporea elevata ma che peraltro, se sale troppo, va un po’ abbassata per evitare “danni da fuoco amico”, così pure in attacchi di asma che provocano notevoli difficoltà respiratorie, occorre intervenire con broncodilatatori a effetto rapido.
Ciò non toglie tuttavia che il fattore principale sul quale in questi casi bisogna agire è l’iperventilazione e conseguente perdita di CO2.
Nei casi che nel rapporto sono considerati come “diagnosi errate” di asma, potrebbe quindi essere possibile che l’asma sia invece guarita perché è venuta meno l’iperventilazione costante.
Il riaddestramento respiratorio Buteyko è un metodo di provata efficacia per ottenere questo risultato ma vi sono indubbiamente altri fattori (il venir meno di periodi di stress, un miglioramento dell’alimentazione, perdita di peso, maggiore movimento ecc.) che possono, perlomeno nei casi più lievi, portare a ristabilire una modo corretto di respirare facendo venir meno l’iperventilazione.
Pertanto a mio avviso, in numerosi dei casi presi in esame dallo studio, potrebbe quindi trattarsi non di una diagnosi iniziale errata di asma, ma di una guarigione.
Il calcio
Come tutti sappiamo, il calcio è necessario e di vitale importanza per la salute.
Anche per questa sostanza tuttavia, come avviene per altre sostanze essenziali, come l’ossigeno, il ferro e altre, non vale il principio del “tanto più tanto meglio”.
Il calcio in eccesso può infatti essere dannoso, soprattutto in assenza o carenza di altre sostanze. Mentre è difficile incorrere in eccessi dannosi quando il calcio viene assunto con gli alimenti, è invece molto più facile che un eccesso dannoso si verifichi quando il calcio viene assunto tramite integratori.
Ciò è confermato da un recente studio effettuato presso la celeberrima Mayo Clinic americana (ved. http://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/nutrition-and-healthy-eating/in-depth/calcium-supplements/art-20047097), in cui i ricercatori hanno esaminato i dati relativi ai pazienti trattati negli ultimi 10 anni, traendone la conclusione che integratori di calcio possono causare un aumento di placca e calcificazione nelle arterie poiché i pazienti che avevano assunto in questo periodo regolarmente integratori di calcio avevano una probabilità superiore, nella misura del 22%, di soffrire, negli anni successivi di problemi cardiocircolatori.
Non si tratta in realtà di una scoperta “nuova”. Numerosi altri studi sono arrivati a conclusioni analoghe, formulando ipotesi più circostanziate quanto alle cause di questi effetti negativi del calcio.
Come riportato nel British Medical Journal (336(7638):226-7), “in presenza di determinati stimoli, nella muscolatura vascolare liscia può verificarsi una deviazione in direzione di cellule di natura ossea, e in presenza di elevate quantità di calcio, queste possono provocare calcificazione vascolare”.
Tradotto in linguaggio semplice, ciò significa che determinate circostanze (come a es. la mancanza di vitamina K2, come riportato in nota ma non messo abbastanza in evidenza nel testo principale dell’articolo) possono indurre le cellule che rivestono le pareti dei vasi sanguigni a comportarsi come se fossero cellule delle ossa, e cioè ad assorbire calcio (Med Res Rev 2001 Jul;21(4):274-301).”
In particolare sull’importanza della vitamina K vorrei qui mettere in luce alcune conoscenze, relativamente nuove, emerse quanto al ruolo fondamentale della vitamina K per la solidità delle ossa e per la prevenzione dell’osteoporosi, ma anche, stranamente, per la flessibilità delle pareti vascolari. La vitamina K è in genere carente nella nostra alimentazione. ….La forma più efficace di vitamina K, la vitamina K2, è prodotta anche da una flora intestinale sana.”
Questa vitamina K2 (fino a poco tempo fa quasi sconosciuta), è stata oggetto di numerosi recenti studi che hanno evidenziato il ruolo di questa vitamina per sì che il calcio (assunto con alimenti o integratori) vada a finire nei tessuti in cui deve andare, e cioè le ossa e i denti, e non invece nei tessuti in cui non dovrebbe essere presente, come le arterie e tessuti molli.
Eliminandolo da questi tessuti, la vitamina K2 li protegge da ulteriori calcificazioni, e cioè dall’arterosclerosi.
Ulteriori recenti studi ne hanno evidenziato l’efficacia preventiva contro le infiammazioni croniche e l’efficacia nel sistema renale, in cui agisce ostacolando i calcoli renali causati dalla presenza di calcio.
Uno studio pubblicato sulla rivista “Modern Rheumatology”, ne ha inoltre dimostrato la capacità di migliorare i sintomi dell’artrite reumatoide, di alleviare i disturbi legati alla malattia di Parkinson, nonché le proprietà antidiabetiche. Ha inoltre un effetto anticoagulante.
La vitamina K2 viene prodotta da batteri presenti in una buona flora intestinale, e si trova anche nei prodotti fermentati, come in certi formaggi, e soprattutto nel natto, un alimento tradizionale giapponese.
Studi effettuati dal dottor Rhéaume-Bleue hanno evidenziato che l’80% degli americani presentava una carenza di vitamina K2, dato che è difficile assumerla a sufficienza con la nostra alimentazione corrente.
Prima peraltro di pensare di assumerla con integratori occorre una consulenza esperta poiché in vari casi potrebbe essere controindicata (così ad es. per chi già sta assumendo farmaci anticoagulanti) .
La “terapia elmintica”: potrebbe essere utile anche per l’asma?
Dopo alcuni studi che hanno indicato come questa terapia potrebbe diventare utile per allergie, intolleranze alimentari e celiachia, un nuovo studio sembra indicare un potenziale benefico anche per l’asma.
Ma cos’è la terapia elmintica?
In passate edizioni del Notiziario ho accennato alla teoria dell’eccesso di igiene quale concausa del grande aumento dei casi di asma, allergie e malattie autoimmuni.
In base a questa teoria, per migliaia d’anni il sistema immunitario umano si è sviluppato in condizioni di stretto contatto con il terreno e le varie sostanze (vermi, residui vari, ecc.) in esso contenute. L’uomo moderno invece compra alimenti lavati e disinfettati, che trova nel supermercato, e i bambini non giocano quasi più nei campi e nell’orto di casa.
Mancherebbe quindi al sistema immunitario umano, in base a questa teoria, la possibilità di allenare il proprio sistema immunitario anche tramite il contatto con la “sporcizia” naturale alla quale era abituato, e ciò porterebbe a uno sviluppo e funzionamento non ottimale del sistema immunitario.
Già in studi effettuati presso l’Università di Brisbane, in Australia, nel 2014, si erano notati degli effetti positivi, pubblicati sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, prodotti da una proteina emessa da larve del verme Necator Americanus per problemi di infiammazione intestinale, e anche per la tolleranza al glutine (tanto che un periodico popolare aveva pubblicato un articolo dal titolo “Spaghetti for celiac patients? Just add worms” Spaghetti per pazienti celiaci? Basta aggiungere dei vermi)!
A seguito di questi risultati le ricerche sono continuate (ved. http://stm.sciencemag.org/content/8/362/362ra143) e nell’ottobre 2016, ricercatori presso la James Cook University (JCU) in Cairns, Australia, hanno identificato una proteina emessa da questi vermi (AIP-2) che ha soppresso l’asma nei topi e in test in vitro su cellule tratte da asmatici, questa proteina ha dimostrato qualità promettenti anche per il trattamento dell’asma.
In conclusione: la “terapia elmintica” sta progredendo ma occorrono ancora ulteriori ricerche e studi, per provarne l’efficacia e soprattutto l’innocuità.
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