Asma olimpica: cosa c'è da imparare. Gli atleti vincenti contro la malattia

MALATTIE RESPIRATORIE Asma olimpica: cosa c’è da imparare Gli atleti vincenti contro la malattia

Nello sport agonistico dilaga un’«epidemia» di asma per favorire il doping? In realtà colpisce podisti e nuotatori.

MILANO - Mark Spitz, Miguel Indurain, Paula Radcliffe, Federica Pellegrini… Cosa hanno in comune questi personaggi? Non solo il fatto di essere grandi atleti di tutti i tempi, ma anche quello di soffrire di asma.

Un’inchiesta sul British Medical Journal, la prestigiosa rivista medica britannica che ha annunciato proprio in questi giorni la volontà di dare spazio ad argomenti di medicina dello sport in preparazione e per tutto il periodo delle Olimpiadi di Londra, rileva che a partire dagli anni ’70 si sono moltiplicate le diagnosi di asma fra gli atleti olimpici.

Si può pensare male, dal momento che alcune medicine in grado di controllare la malattia (i broncodilatatori e gli steroidi) migliorano le prestazioni sportive.
Si possono anche vedere gli aspetti puliti e istruttivi della questione, dal miglioramento della diagnosi e delle cure nel tempo, alla possibilità di superare grazie allo sport una malattia a volte invalidante.

ASMA E SPORT - Perché nella squadra olimpica britannica di Atene 2004 gli asmatici erano circa il 20%, una frequenza 3 volte superiore a quella della popolazione generale del Regno Unito?

Il dato è sufficiente per sollevare sospetti, ma bisogna considerare che alcune forme di costrizione delle vie aeree, sono scatenate dall’esercizio fisico e dalla respirazione a frequenza elevata e che certe categorie di atleti, tipicamente i nuotatori o chi si allena e gareggia su strada, podisti o ciclisti insomma, sono esposti ad agenti chimici irritanti contenuti nell’acqua delle piscine o nell’aria inquinata.

Un’altra notizia si presta a varie letture: solo nel 2001 il Comitato Olimpico ha disciplinato le procedure di diagnosi della malattia che, se positive, autorizzano l’uso dei broncodilatatori per via inalatoria. Un bel vantaggio per quegli atleti che vivevano male il fatto di essere asmatici e a volte ne hanno fatto le spese (cedimenti in gara se non adeguatamente trattati o squalifiche per il riscontro di terapie necessarie non dichiarate).

Ma, d’altra parte, che dire dell’elevato numero di nuotatori o di ciclisti asmatici (il 20% degli atleti in gara nelle rispettive discipline) che alle Olimpiadi di Pechino 2008 ha vinto da solo circa un terzo delle medaglie?

Si può dire di tutto, ma c’è molto da imparare «Vorrei soffermarmi sulle considerazioni costruttive e utili per un asmatico nella realtà di tutti i giorni. Queste vittorie sulla malattia insegnano quanto sia importante curarsi bene e con costanza, imparare a respirare nel modo adeguato e perfino le modalità corrette di assumere il farmaco, per esempio i broncodilatatori all’inizio e alla fine dell’esercizio fisico per garantirsi la massima copertura rispetto a un episodio di broncospasmo» commenta Alessandro Oliva specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Ospedale Mauriziano di Torino.

I FARMACI - I broncodilatatori per via inalatoria (i cosiddetti puff) sono uno dei capisaldi per la cura dell’asma e l’Agenzia mondiale antidoping (World Anti-Doping Agency, WADA) li ha liberalizzati nel 2010.

Un’ampia revisione della letteratura scientifica ha escluso che possano influenzare le prestazioni sportive, fatta eccezione per una sola molecola, il clenbuterolo. Il nome di questo farmaco è uscito dai libri di farmacologia e si è guadagnato un posto sulle pagine dei giornali quando ha fatto vittime, quanto a squalifiche, tra i ciclisti del Giro d’Italia e del Tour de France.

Il bando permane per tutti i broncodilatatori presi per bocca e per i cortisonici, associati invece a un significativo miglioramento delle prestazioni. «Con il clenbuterolo e con la somministrazione per bocca si manifestano, oltre ai benefici sull’apparato respiratorio, anche gli effetti su altri tessuti, il muscolo e il cuore.

Ad alte dosi gli effetti sul muscolo cardiaco possono anche scatenare aritmie. » spiega lo specialista torinese. « Tra i broncodilatatori è necessaria un’ulteriore distinzione in base alla durata d’azione del farmaco una volta inalato. Le linee guida internazionali per il trattamento dell’asma raccomandano quelli a breve durata d’ azione per le forme intermittenti o lievi, quelli a lunga durata di azione per le forme più serie che vengono classificate come persistenti.

Per gli atleti la cosa è un po’ diversa, non vi è dubbio che l’asma si stabilizzi più facilmente in un apparato respiratorio così intensamente sollecitato con il secondo tipo di farmaci.» Infatti Paula Radcliffe ha controllato meglio la sua asma proprio modificando in questo modo la terapia.

COSA C’E’ DA IMPARARE - «Dottore, posso fare sport? Questa è una delle prime domande che mi pongono i pazienti asmatici. Credo che l’esempio dei grandi sportivi sia utile per superare timori e riserve su una malattia che si controlla in buona parte riconoscendo sintomi e segnali. Nel Regno Unito proprio Paula Radcliffe e altri medagliati colleghi di varie discipline come il calciatore Paul Scholes si sono impegnati in una campagna per promuovere lo sport tra le persone che soffrono di asma. Si sa che l’esercizio fisico regolare migliora la funzione dei polmoni e stabilizza la situazione clinica.» commenta Oliva.
«D’altra parte c’è una bella differenza tra gli atleti, giovani e fisicamente prestanti oltre che sotto attentissimi controlli medici. Sono chiaramente avvantaggiati. Soprattutto rispetto ai cosiddetti sportivi della domenica che si impegnano in attività a volte sporadiche e quasi sempre sopra le loro possibilità. Questa modalità di fare sport per un asmatico è veramente pericolosa.»

E quanto all’aiutarsi con i farmaci per il respiro? «Se sono necessari ben vengano. Ma è vietato il fai da te, soprattutto per un dilettante, più esposto al rischio di errori.»

E se l’aiuto non è alla malattia alla prestazione? «Al di là del giudizio sull’etica sportiva, non dimentichiamo che, sempre per questione di intensità dei controlli medici (è inutile negarlo anche se molto è triste) il doping è più pericoloso per la salute per i dilettanti o per i professionisti non ai massimi livelli».

Maria Rosa Valetto 26 luglio 2012


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