Notizie Salutari dicembre 2011

Notiziario periodico redatto dalla dott.ssa Fiamma Ferraro per Buteyko-Italia e riprodotto su autorizzazione

CREB1 e riduzione di calorie

Segnalo uno studio recentissimo, condotto in Italia, al quale è stata attribuita una grande risonanza nel mondo di lingua inglese: si tratta dello studio diretto dal dr. Pani, dell’Università Cattolica di Roma, pubblicato sul giornale della National Academy of Sciences dal quale risulta, a seguito di studi sui topi, che se si diminuisce la propria consueta alimentazione anche solo del 30% (circa 600 calorie in meno), non solo migliora la linea e si vive più a lungo, ma si ringiovanisce il cervello e migliora la memoria.

Ciò perché la diminuzione nell’alimentazione fa crescere, come scoperto in questo studio, la produzione della proteina CREB1, che a quanto pare è un elemento cruciale per il buon funzionamento del cervello.

Sempre in questo studio si è accertato che la produzione di CREB1 sembra potenziata anche dalla caffeina (meglio quindi prendere solo un caffè invece di un dolce a fine pasto)

Il dr. Pani ha osservato che “questa scoperta è importante per mantenere giovane il cervello” e che “si cercherà ora di sviluppare delle medicine contenenti questa proteina CRIB1”. In attesa che vengano sviluppate queste medicine forse si può cercare di mangiare un po’ di meno e di aumentare l'ossigenazione del cervello respirando meglio!

La pillola della giovinezza

Sempre sulla tematica del prolungamento della forma giovanile –problema importante dato l’invecchiamento generale della popolazione- oltre al cibo va tenuto presente l’ossigeno che, come ben noto, in certe circostanze provoca una quantità eccessiva di radicali liberi, che si cerca appunto di combattere prendendo degli antiossidanti.

Questa tematica è stata approfondita in modo particolare in Russia, e a questo proposito mi sembra interessante il lavoro di Vladimir Skulachev, uno scienziato russo che dirige il dipartimento di Bioenergetica dell'Università di Mosca.

Ci sarà da attendere ancora due anni e la pillola dell’eterna giovinezza dovrebbe essere pronta e sul mercato.

In un'intervista al Daily Mirror, Skulachev osserva: «Nel 99% dei casi l'ossigeno nelle cellule si trasforma in acqua ma c'è una percentuale di casi in cui diventa un superossido potenzialmente velenoso».

La molecola sviluppata da Skulachev con un lavoro di 40 anni è un derivato di una sostanza antiossidante chiamata Sqk1, che lo stesso Skulachev ha dimostrato con articoli scientifici essere in grado di penetrare nei mitocondri (la centrale di produzione d’energia al centro delle cellule) in quantità molto più alta degli antiossidanti normali. Questa sostanza si è rivelata in grado di allungare la vita di diversi animali, dai crostacei ai topi, e nell'ultimo caso sarebbe riuscita addirittura a raddoppiarla. Inoltre Skulachev ha sperimentato anche delle gocce per gli occhi che avrebbero guarito dal glaucoma alcuni animali.

Nel leggere questa notizia si potrebbe pensare ai soliti annunci, privi di fondamento serio, sulla “pillola dell’eterna giovinezza”, ma il lavoro dello scienziato russo sembra da prendere in seria considerazione anche perché, come riporta il quotidiano britannico, ha ricevuto l'approvazione di Gunter Blobel, premio Nobel per la medicina nel 1999 che ha affermato: «Skulachev è di sicuro il miglior biochimico del mondo - ha affermato - e il più grande esperto di bioenergetica”.

Effetto antiossidante della CO2

In attesa che Skulachev riesca a mettere sul mercato il suo prodotto (cosa che egli spera di fare entro il 2012, sotto forma di integratore alimentare), potrebbe valere la pena di ritardare l’invecchiamento anche cercando di migliorare il proprio modo di respirare con il metodo Buteyko.

La CO2, che viene dissipata con l’iperventilazione, ha infatti, se presente nelle arterie nella giusta quantità, degli importanti effetti antiossidanti.

Vari gruppi di microbiologi russi hanno osservato che la CO2 nel sangue è “un potente inibitore della formazione di radicali liberi nelle cellule (Kogan et al, 1997)” ed hanno ipotizzato vari meccanismi che potrebbero spiegare questo effetto; dall’inibizione della NADPH-ossidasi (Kogan et al, 1997; Kogan et al, 1996), ad un miglior coordinamento dell’ossidazione e della fosforilazione, ed all’aumento della velocità della fosforilazione nei mitocondri del fegato.

Altri scienziati (Veselá & Wilhelm, 2002) dell’Università di Praga hanno pubblicato un articolo nel Physiological Research Journal, dal titolo “The role of carbon dioxide in free radical reactions of the organism” in cui illustrano i vari meccanismi, da loro studiati, che spiegano il ruolo antiossidante-protettivo svolto dalla CO2 per contrastare il danno prodotto da una formazione eccessiva di radicali liberi.

Suonare strumenti a fiato fa bene per l’asma

I risultati di alcuni studi condotti tempo fa in Germania presso l’Università di Heidelberg sembrano indicare che il suonare strumenti a fiato migliora le condizioni, sia fisiche che mentali, di bambini e ragazzi che soffrono di asma.

Il direttore delle ricerche, Dr. Michael Krater, osserva: “ Numerosi genitori temono che suonare strumenti a fiato sia faticoso per le vie respiratorie e possa peggiorare l’asma, ma una serie di studi dimostra il contrario.”

L’effetto positivo si ottiene con tutti gli strumenti a fiato, dal flauto all’armonica a bocca, alla tromba, oboe e clarinetto, ma l’effetto più rimarcato si ottiene suonando tonalità alte.

Suonare questi strumenti contrasta, come osservato dai ricercatori, l’esacerbazione dell’asma, ed il didgeridoo (strumento degli indigeni australiani) dimostrerebbe anche efficacia contro l’apnea respiratoria.

La Società di Pneumologia tedesca raccomanda pertanto di insegnare a suonare strumenti a fiato ai giovani asmatici.

Quanto alle cause che produrrebbero questi effetti, i ricercatori sono abbastanza vaghi: parlano in generale di “un rinforzamento della muscolatura delle labbra e dei muscoli della respirazione”.

Ovviamente i ricercatori non hanno “ricercato” i cambiamenti nel modo di respirare che si verificano mentre si suonano questi strumenti.

A quanto ricordo dalla mia esperienza nel suonare il flauto (e nelle scuole elementari tedesche che avevo frequentato era obbligatorio imparare a suonare il flauto), si cercava di far durare il fiato a lungo, e nel complesso la quantità di aria che si inspirava-espirava in un minuto diminuiva.

A mio avviso quindi è proprio questo “respirare di meno” il fattore che potrebbe provocare l’effetto favorevole constatato negli studi tedeschi.

Avviso importante:

Tutti i notiziari qui riportati hanno solo scopo informativo e, anche se alla redazione ha partecipato un medico, non intendono in alcun modo dare consigli medici, per i quali sarebbe necessario un esame medico individuale e di persona, con approfonditi accertamenti.

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