Notizie Salutari aprile 2016

Notiziario periodico redatto dalla dott.ssa Fiamma Ferraro per Buteyko-Italia e riprodotto su autorizzazione

Melatonina e ghiandola pineale; collegamento con il respiro?

Le proprietà benefiche della melatonina, prodotta dalla ghiandola pineale, per un buon ritmo sonno/veglia sono ormai provate da decenni, ma sta emergendo sempre di più anche il generale effetto anti-invecchiamento di questa ghiandola.

Ciò in particolare grazie alle ricerche di uno dei pionieri e maggiori esperti mondiali sul ruolo della ghiandola pineale/melatonina, e cioè il medico-scienziato italiano Dr. Walter Pierpaoli, che mi hanno dato preziose indicazioni terapeutiche per i miei pazienti.

Consiglio su questa tematica di leggere il numero 55/2016 di Scienza e Conoscenza che contiene l‘affascinante articolo dal titolo Pineale, la ghiandola della vita di Marianna Gualazzi, in cui viene intervistato il Dr. Pierpaoli che paragona la ghiandola pineale ad una sorta di “direttore d’orchestra” che dirige tutte le altre ghiandole e sistemi del corpo, facendo in modo che funzionino tutti quanti insieme in modo “armonioso”, e cioè in un modo analogo a quello dei vari strumenti di un’orchestra diretta da un bravo direttore.

La scienza conferma in effetti, quanto all’importanza della ghiandola pineale, ciò che le tradizioni antiche affermano da millenni insistendo sull’importanza, ai fini dello sviluppo spirituale, degli effetti che la meditazione ha sul “terzo occhio”, situato appunto nel cervello, dietro il punto centrale della fronte, tra i due occhi, e cioè proprio nel luogo in cui si trova la ghiandola pineale.

Come osserva il Dr. Pierpaoli in uno dei suoi scritti, la ghiandola pineale “regola il ritmo della vita stessa, e ciò appare nel modo più chiaro nel regno animale, dove esso non viene interrotto da alcun meccanismo artificiale".

In primavera la pineale riaccende le pulsioni sessuali, segnalando agli animali che è la stagione dell’accoppiamento.

Quando l’estate cede il passo all’autunno, la pineale segnala agli uccelli che è tempo di migrare.

La ghiandola pineale funziona anche come una sorta di bussola fisiologica mantenendo gli uccelli sulla giusta rotta mentre sorvolano il pianeta.

Quando l’inverno si avvicina e le ore di luce giornaliera diminuiscono, la pineale avverte gli animali che è tempo di cercare un riparo e di entrare in letargo.

Se pertanto la ghiandola pineale è coinvolta in tutte le alternanze ritmiche attraversate dall’organismo umano (alternanza delle stagioni, sonno-veglia con relativi ritmi circadiani e conseguente rilascio di ormoni, ciclo mestruale ed altro), allora appare probabile come una ghiandola pineale ben funzionante sia collegata anche con il principale processo ritmico nell’uomo, e cioè con il respiro.

Ci si potrebbe tuttavia a questo punto porre il seguente interrogativo: è una ghiandola pineale in buona forma a contribuire a far respirare in modo ottimale oppure è piuttosto il buon modo di respirare che contribuisce, consentendone un’ossigenazione e produzione di energia ottimale, a mantenere la ghiandola pineale in buona forma?

A mio parere vi è un collegamento ed interdipendenza reciproca tra questi due fattori, nel senso che se la ghiandola pineale funzione bene , allora si tende anche ad avere un buon riflesso automatico di respirazione, mentre se per vari motivi (stress, mancanza di movimento, cattive abitudini alimentari ed altro) non si respira “bene”, allora alla lunga ciò produce un effetto negativo anche sulla buona forma della pineale, ed anche la melatonina non può produrre sul ringiovanimento di questa ghiandola un effetto positivo di pari entità a quello che potrebbe produrre se si respirasse veramente “bene”.

Anche la ghiandola pineale, come mette in rilievo il Dr. Pierpaoli, ha bisogno, per funzionare bene, di produrre energia (ATP) e per produrre energia occorre appunto cibo, e ossigeno, e quindi una buona alimentazione ed una respirazione efficiente.

E con “respirazione efficiente”, come i lettori sanno, intendo una respirazione in grado di far arrivare l’ossigeno non solo nei polmoni e nel sangue, ma di farlo penetrare in tutte le cellule (comprese quelle della ghiandola pineale), dove deve appunto svolgere il suo compito di produzione di energia.

Vi sono poi vari fattori da tenere presenti per mantenere la ghiandola pineale giovane ed in forma, evitandone una calcificazione prematura (particolarmente dannoso è a questo riguardo il ruolo svolto dal fluoro ed altre sostanze tossiche.

Ma l’effetto benefico dei vari fattori non può che essere potenziato da una buona respirazione e quindi da una buona ossigenazione e produzione di energia.

In sostanza quindi: analogamente a quanto avviene per un bravo “direttore d’orchestra”, che per poter svolgere il suo compito, ha bisogno di energia (altrimenti non potrebbe nemmeno muovere le braccia) anche la ghiandola pineale, per poter funzionare bene ha bisogno di energia.

Pertanto, più ancora che la buona alimentazone (si può resistere settimane senza mangiare ma pochi minuti senza respirare) è il modo di respirare, che produce , anche nei tessuti della ghiandola pineale, l’energia di cui questa ghiandola ha bisogno per svolgere i suoi compiti di bravo “direttore d’orchestra”.

Un supporto molto utile per questo buon funzionamento può venire anche da supplementi a base di melatonina, ma il “fai da te” può essere controproducente, ed è bene rivolgersi ad un medico, che possa consigliare tempistiche e dosaggi opportuni.

Il sonno fa bene quando è della “giusta durata”; non troppo poco ma nemmeno in eccesso

Sono ben noti i problemi (stanchezza, nervosismo ed altro) provocati dal dormire troppo poco in chi soffre di insonnia notturna (ved. quanto osservato nelle righe precedenti su ghiandola pineale e melatonina), mentre sono meno noti i rischi connessi al dormire troppo (ed il “troppo” va ovviamente inteso in correlazione a circostanze come l’età, tipo di attività diurna ed altri fattori come convalescenza, gravidanza e altro).

I risultati di un recente studio condotto in Gran Bretagna presso l’Università di Cambridge (Leng, Y et al. Sleep duration and risk of fatal and nonfatal stroke: A prospective study and meta-analysis. Neurology; 25 Feb 2015 ) indicano tuttavia l’esistenza di un collegamento tra il rischio di ictus cerebrale ed una durata del sonno notturno superiore alle 8 ore.

In questo studio sono state seguite 10.000 persone di un’ età tra i 42 e gli 81 anni, per una durata di oltre 9 anni e mezzo.

In questo periodo, 346 dei partecipanti sono stati colpti da un ictus ed i ricercatori, effettuate le correzioni relative ad età, sesso, ed eventuali vari problemi di salute, hanno accertato che coloro che dormivano più di 8 ore quotidiane erano esposti ad un rischio di ictus superiore alla media nella misura del 46%.

Coloro che invece dormivano meno di 6 ore correvano un rischio di ictus superiore solamente nella misura del 18% (misura ritenuta non significativa dai ricercatori).

Questi risultati sono stati confermati dai dati emergenti da 11 altri studi.

Quanto alle cause di questa correlazione i ricercatori, mentre hanno osservato che la mancanza di sonno è collegata a scompensi metabolici e ad un aumento del cortisolo, il che può far aumentare il rischio di pressione elevata e di ictus, non hanno invece potuto reperire indicazioni attendibili quanto ai motivi dell’aumemto del rischio di ictus in coloro che dormivano più di 8 ore.

E’ possibile che, se avessere esaminato il modo di respirare dei partecipanti i ricercatori avrebbero forse scoperto che coloro che dormivano più di 8 ore ed erano stati colpiti da ictus, quando dormivano respiravano “male”, in base ai criteri fisiologici messi in rilievo da Buteyko, e cioè con la bocca aperta e sdraiati sulla schiena, e quindi iperventilando.

Anche se non si può escludere la presenza di altri fattori negativi per la salute, magari non ancora scoperti, collegati all’eccesso di sonno, il modo di respirare e la posizione durante il sonno costituiscono importanti fattori che andrebbero presi in considerazione.

Il sole fa bene anche per il rischio di asma dei nascituri, e questo effetto benefico non può essere del tutto sostituito da vitamina D in compresse sintetiche

Un articolo interessante, apparso in questi giorni sulla newsletter dell’Università del Kansas negli Stati Uniti, (if-you-dont-have-asthma) e intitolato “A quanto accertato da un esperto economista, se non siete asmatici forse è perchè vostra madre è stata abbastanza al sole nel secondo trimestre di gravidanza”.

Nell’articolo, dopo aver riferito che ormai una persona su 12 negli Stati Uniti soffre di asma, viene riportata l’ipotesi di Scott Weiss e Augusto Litonjua, (medici del Brigham and Women’s Hospital di Boston e professori presso la celebre Harvard Medical School).

Weiss e Litonjua ipotizzano che i livelli di vitamina D nel secondo trimestre di gravidanza influenzino le probabilità che il feto, una volta nato, sviluppi l’asma.

A quanto pare, accertando i dati sulle dismissioni dagli ospedali dopo le nascite, si sarebbe osservato che tra i nati nei luoghi e periodi in cui vi era stato un maggior numero di giornate di sole nel periodo in questione, il numero di bambini divenuti poi asmatici era inferiore.

Gli autori dell’articolo osservano inoltre che 10 minuti giornalieri al sole sembrano sufficienti per ottenere questo effetto e che il rischio di melanoma da un eccesso di esposizione al sole non sussiste certamente a seguito di questi soli 10 minuti di esposizione.

Mi fa piacere vedere che questo articolo conferma che la vitamina D in compresse non può certo sostituire gli innumerevoli fattori, alcuni dei quali magari non ancora scoperti, contenuti nei raggi del sole.

Ovviamente anche qui vale il principio della “giusta misura” utile ad evitare sia le scottature causate da un’eccessiva esposizione al sole, ma anche in merito all'assunzione di compresse con vitamine sintetiche, che non possono completamente sostituire gli innumerevoli altri fattori presenti nelle sostanze alimentari che in modo naturale contengono elevati dosaggi delle vitamine in questione, e ancor meno possono sostituire non solo gli alimenti ma addirittura la luce ed il sole!

E infatti gli autori dell’articolo osservano che la vitamina D contenuta negli integratori che tutte le madri avevano assunto durante la gravidanza, non aveva esercitato lo stesso effetto preventivo dell’asma indotto invece dall’esposizione ai raggi solari.

Avviso importante:

Tutti i notiziari qui riportati hanno solo scopo informativo e, anche se alla redazione ha partecipato un medico, non intendono in alcun modo dare consigli medici, per i quali sarebbe necessario un esame medico individuale e di persona, con approfonditi accertamenti.

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